L’arte dell’intarsio a Gubbio

di Redazione Ville&Casali

L'arte dell'intarsio a Gubbio

 

Quella di Gubbio è una terra d’arte, di storia, di cultura: grandi ricchezze per chi vuol vivere il territorio, vi si vuole trasferire o desidera investire in quanto la zona abbia da offrire. L’alta rinomanza raggiunta dall’artigianato eugubino è legata in buona parte all’operato di eccellenze legate alle antiche maestranze: ceramica, ferro e legno. Il mestiere di falegname e intarsiatore si tramanda di generazione in generazione, come nel caso dei Minelli, da oltre un secolo attiva nel settore. Quello dell’intarsio.

Una famiglia di ebanisti

1Marcello Minelli e Giuseppe, padre e figlio, formano una squadra insieme agli altri membri della famiglia, tramandandosi a vicenda tecniche e segreti di un mestiere prezioso e, a tratti, quasi miracoloso. Per rendersi conto del loro talento basta recarsi al Palazzo Ducale di Gubbio e ammirare la riproduzione dello Studiolo di Federico da Montefeltro, che i Minelli hanno realizzato con certosina pazienza e cura filologica, tanto che a stento si percepisce che non si tratta dell’originale – ceduto nel 1938 al Metropolitan Museum of Art, di New York. “Il lavoro è durato dal 2002 al 2009”, raccontano Giuseppe e Marcello Minelli a Ville&Casali, “e sono state impiegate 16 diverse essenze di legno, tra cui quercia, noce, pioppo, acero, pero, ciliegio. Abbiamo anche usato tempera su tavola e lavorazioni in foglia d’oro. Solo per la progettazione abbiamo impiegato un anno. L’avventura della copia dello Studiolo inizia nel bosco, perché alcuni dei legni che ci occorrevano per il lavoro sono molto rari da trovare.
È il caso, ad esempio, del legno di silio o fusaggine, varietà poco fortunata nella moderna ebanisteria soprattutto a causa della perdita della complessa tecnica rinascimentale della tarsia, ma anche per via della sua attuale scarsa reperibilità fra boschi e arbusteti”. Il laboratorio dei Minelli è lo specchio fedele di una storia, di una passione. Racconta papà Giuseppe:” Nel 1938 ho iniziato a lavorare come calzolaio. Poi ho trascorso venti mesi nelle belle fabbriche tedesche, a nord di Berlino, e solo dopo la fine della guerra sono entrato nella bottega di famiglia. Ho imparato tutto da mio nonno”.

Una preziosa operazione filologica

2Per l’odierno falegname, così come per il restauratore filologico, sono irrinunciabili i moderni macchinari e le attrezzature idonee a portare alle dimensioni richieste il pezzo in lavorazione. Ma a parte l’ausilio dell’elettrificazione, il senso di alcune fasi di taglio del legname per tarsia risiede, oggi come allora, nell’esito principale che l’artigiano deve raggiungere, ovvero l’aspetto finale di ogni tessera, caratteristica condizionata non solo dalla scelta del legno, ma anche dal taglio individuato dal magister lignaminis, operazione che produce effetti differenti se realizzato usando sezioni del tronco trasversali, tangenziali o radiali. Per la copia dello Studiolo i nostri maestri del legno hanno tentato di selezionare i materiali più compatibili a quelli utilizzati nell’opera originale, naturalmente avendo bene presente l’assoluta impossibilità di predisporre una replica sul tipo “copia e incolla”. Per prima cosa le specie lignee. La tavolozza dello Studiolo si compone, infatti, di un numero piuttosto limitato di legni (circa quindici), i quali erano selezionati dal falegname rinascimentale tenendo conto di due principali fattori, la disponibilità offerta dalla flora autoctona, visti gli elevati costi di trasporto, e la facilità di lavorazione.

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