Antiquariato: i tesori di via Margutta
Nata un secolo fa (nel 2016 compirà 100 anni) la galleria d’antiquariato della famiglia Antonacci, oggi alla quarta generazione con la signora Francesca, si trova in via Margutta, al numero 54, in una sede prestigiosa all’interno di un affascinante cortile. Dal 2012 in società con Damiano Lapiccirella, anche lui erede di una famiglia di antiquari di Firenze, condivide la passione per la pittura, il disegno e la scultura di artisti internazionali dal Settecento ai primi dell’800. È una delle 14 ditte italiane che da molti anni partecipa al TEFAF Maastricht, la fiera internazionale dell’arte più importante del mondo, che attrae circa 70 mila visitatori.
Antiquariato: una presenza di pregio
I due antiquari partecipano naturalmente anche alla Biennale di Firenze e a quella di Roma che si svolgerà in autunno e ad altre fiere internazionali, in particolare al Salon du dessin che si svolgerà a Parigi dal 30 marzo al 4 aprile, una manifestazione importante che quest’anno celebrerà il venticinquesimo anniversario. “Il mercato dell’arte antica negli ultimi anni è diventato più sofisticato ed esigente”, spiega a Ville&Casali Francesca Antonacci, “La nostra clintela cerca oggetti di qualità ma soprattutto il rapporto di fiducia con l’antiquario”. I clienti della galleria sono per il 70 per cento stranieri e per il 30 per cento italiani. Oggi possono visionare un portafoglio di circa 400 opere, tra dipinti, sculture, disegni ed alcuni mobili. Tra i dipinti ricordiamo Ippolito Caffi, Luca Giordano, Alessandro Magnasco, Giovanni Boldini, tra i disegni Canaletto, Tiepolo, Hackert, tra le sculture, Carlo Finelli e Bartolomeo Cavaceppi. I clienti più frequenti sono i musei, come il Getty Museum, Palazzo Pitti e Capodimonte, e tanti collezionisti privati, da cui gli antiquari romani spesso comprano.
Aneddoti e storie
Entrambi sono diventati esperti d’arte grazie ai loro genitori, ma anche attraverso lunghi studi. La signora Francesca sin dall’università è entrata nel gruppo di studio del famoso storico d’arte Giuliano Briganti che gli ha insegnato la ricerca, un aspetto molto importante del lavoro dell’antiquario. Ed oggi hanno molti aneddoti da raccontare. Per esempio, ci dice Lapiccirella, “tanti anni fa mi trovavo a Portobello, il mercato delle pulci di Londra, e comprai una statua ricoperta di muschio per 400 sterline, anzi 350 (un milione di vecchie lire) perché aveva un mignolo rotto. Era un Lorenzo Bartolini, che oggi si trova nella collezione privata di una banca toscana”. La signora Antonacci ricorda invece l’emozione nello scoprire che un busto di papa Innocenzo X da lei comprato si è rivelato essere di Alessandro Algardi.
Molte oggetti di classe
Ma forse l’opera più preziosa che oggi vanta la galleria romana è una scultura di Carlo Finelli, Le Tre Grazie, che fa bella mostra di sé nell’atrio di ingresso della galleria. “Si tratta di un artista che ha fatto parte della cerchia del Canova e che ha lavorato per lo zar di Russia”, spiega a Ville&Casali, Francesca Antonacci.
“All’Hermitage di San Pietroburgo si può ammirare dello stesso artista una scultura simile, Le Ore Danzanti”.
Al momento dell’intervista i due antiquari non sanno ancora quali opere porteranno a Maastricht perché molti dei capolavori italiani hanno bisogno di un lasciapassare del ministero dei Beni Culturali per essere esportati.
Non è un Paese per antiquari
“Per ogni oggetto che ha più di 50 anni bisogna chiedere il permesso di libera circolazione”, spiega Damiano Lapiccirella. “Talvolta questo permesso viene negato, l’oggetto notificato di conseguenza diventa inesportabile. In questo caso lo Stato italiano ha la prelazione all’acquisto, ma nessuna garanzia per il proprietario che l’opera venga acquistata, come invece avviene in altri paesi”. Le richieste di permesso di libera circolazione (per un permesso possono trascorrere anche tre mesi) rallentano gli scambi del mercato dell’arte e nel caso delle notifiche lo deprimono. “Per esempio abbiamo un quadro di Luca Giordano, che è stato notificato (pittore che nei musei italiani è largamente rappresentato) ma non lo possiamo esportare”, ci dice Lapiccirella. “Ciò significa che dovendo restringere il campo di vendita alla sola Italia il prezzo si abbassa notevolmente”. Tutto questo, insieme alla difficoltà di operare in un Paese che spesso considera gli antiquari con diffidenza fa venire voglia agli antiquari romani di emigrare a Londra, dove peraltro già negli anni settanta Giuseppe Antonacci, papà di Francesca, possedeva un negozio ed una clientela importante. “Noi non vendiamo solo all’estero, abbiamo anche il pregio di riportare tante opere in Italia”, concludono i due antiquari romani, “ma all’estero è decisamente più facile lavorare”.
di ENRICO MORELLI
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