Un attico di Roma tra originalità e Storia
Un grande attico in via Monserrato, nel centro di Roma, adiacente a Piazza Farnese. Come biglietto da visita non c’è male davvero…. Situato in un palazzo rinascimentale del 1500, attuale sede del Collegio Inglese, l’appartamento, oggi riuscito connubio tra antico e moderno, fu antica dimora e prigione di Beatrice Cenci, prima di essere condotta al patibolo in Castel Sant’Angelo. Questa casa è l’abitazione dell’interior decorator Livia Rebecchini, che l’ha ristrutturata con estro e originalità, seguendo l’innata passione per l’arte contemporanea. “Il mio intervento è stato totale non solo a livello di arredamento ma anche e soprattutto come ideazione e taglio del progetto di ristrutturazione”, racconta Livia Rebecchini. “Quando vidi la casa per la prima volta, il piano attico era un appartamento di sei stanze, al cui terrazzo si accedeva da uno stretto corridoio laterale.
Oltre a questo, il piano mansardato non era mai stato vissuto e la torretta era il locale cassoni dell’intero palazzo. Ho collegato quindi i due piani”, continua Rebecchini, “creando una scala/scultura; unito gli ambienti al piano di arrivo, grazie ad una grandissima zona di rappresentanza, e adibito la mansarda e la torretta a zona privata/notte”. Questi interventi hanno ottenuto una fusione omogenea di antico e moderno nel rispetto della storia della casa. In questo quadro rientrano la salvaguardia e il restauro del soffitto a cassettoni, le porte del Seicento, la mancata rasatura dei muri visto che Livia Rebecchini si è ispirata alla “patina Balthus” di Villa Medici. Come pavimenti, invece, è stato scelto un cotto artigianale montato a rovescio, con i bordi rialzati verso l’alto.
L’appartamento è anche ricco di opere d’artisti contemporanei, tra cui Hartung, Aaron Young, Klaus Münch e Herbert Hamak, unite ad arredi e collezioni antiche di famiglia. Nella sala da pranzo, illuminata da un lampadario dell’Ottocento a candele che, di sera, crea un’atmosfera d’altri tempi, campeggia una grande tela francese del XVIII secolo, dipinta a chinoiseries con colori naturali e, per questo, detta ‘succo d’erba’. Infine, sotto le travi della mansarda, le stanze private, i bagni, la cucina, si fanno ancor più caldi e accoglienti, la luce filtra più discreta dalle finestrelle che un tempo ospitavano i piccioni e dalle quali, comunque, la vista si perde all’infinito.
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