Fotografia: il reale dai molti volti di Davide Bramante
Sempre in giro per il mondo, Davide Bramante, artista di fama internazionale, ha il suo piccolo studio nel quartiere Graziella, un antico borgo di pescatori, nell’isola di Ortigia ed è un artista capace di dare alla sua fotografia un tocco e un approccio realistico e vicino al quotidiano anche sei i suoi scatti sovrapposti ricordano sogni e miraggi.
Il rifugio artistico
Nella sua villa tra Siracusa e Noto conserva alcune delle sue opere e soprattutto quelle degli artisti che ha incontrato in circa 15 anni. “Sono anche un discreto collezionista”, racconta a Ville&Casali. Le opere di Bramante sono state esposte l’estate scorsa a Siracusa, presso il Convento S.Agostino e l’ex Chiesa dei Cavalieri di Malta, in una mostra collettiva dal nome Theatralia, insieme ad altri nove artisti italiani di arte contemporanea, come Enzo Cucchi, della transguardia italiana, Piero Pizzicannella, della scuola romana, Luca Pignatelli ed altri nomi noti a livello internazionale.
Ognuno ha esposto opere da 4.500 a 18 mila euro.
Una vita per la fotografia
Davide Bramante nasce a Siracusa nel 1970 , si iscrive al locale Istituto Statale d’Arte e si laurea con il massimo dei voti nel 1995 a Torino presso l’Accademia Albertina di Belle Arti. Nel 1999 vince due borse di studio presso la prestigiosa Franklin Fournace Foundation (l’unico italiano ancora oggi dall’anno della sua fondazione, il 1969, a ricevere questo premio) e partecipa a una mostra collettiva al Moma di New York. Dopo un breve soggiorno a Londra rientra a Siracusa, da dove spicca il salto come un piccione viaggiatore (animali che alleva per hobby) verso ogni continente. Ha esposto e lavorato in qualsiasi parte del mondo, dalla Cina alla Corea del sud, dagli Stati Uniti alla Spagna. Ma chi è questo artista che in venti anni ha prodotto circa 250 opere e i cui quadri sono stati acquistati da Woody Allen al cantante Bill Joel?
Eclettico e multiforme
“Sono un artista che per esprimermi uso la fotografia”, spiega David Bramante. “Per me è un mezzo. So disegnare e dipingere, ma dove sono bravo è la fotografia”. La sua tecnica? L’esecuzione di scatti sovrapposti nella fase di ripresa. Da 4 a 9 scatti, l’uno sull’altro. E per strumenti? “Una Nikon, una Hassenblatt, due Contax. Quel che conta è la lente”. E chi sviluppa le sue foto non digitali? “Lo studio Griger di Dusseldorf, al prezzo medio di 1500 euro a foto”. Di ogni foto ne vengono stampate sette esemplari, cinque vengono vendute e due servono per la collezione personale. “Le foto di Griger sono garantite per 100 anni, da una compagnia di assicurazione”, precisa Bramante. Le foto speciali di Bramante hanno alti costi, come il noleggio di elicotteri per fotografare le città che egli visita, e che in parte spiega il prezzo delle sue opere, che oscilla da 4 mila e 500 a 8 mila euro. “Pochi sanno che Davide Bramante non ha iniziato la sua carriera artistica come fotografo”, dice Marco Meneguzzo che ha redatto la prefazione di un suo catalogo. “Alla fine degli anni Ottanta costruiva sculture, realizzava installazioni il cui soggetto era l’ombra. La faccenda è sintomatica perché cos’è la fotografia se non un gioco di ombre? E, ancor più, cos’è la fotografia di Bramante se non una continua sovrapposizione di ombre?”.
Un mezzo tecnico
La fotografia è solo un mezzo tecnico per questo giovane artista siracusano per esprimere un’idea, un ricordo, una sensazione, una memoria. I suoi quadri possono essere definiti ricordi di viaggi, stratificazioni di memorie.
“Il fotografo”, dice Davide Bramante, “registra la realtà, l’artista ne crea una nuova, una artistica, una di certo molto particolare, ma anche con un’anima interessante e avvincente”. Come non dargli ragione? Le sue foto sono una somma di immagini, ma anche di riferimenti reali e immaginari, sono lo specchio della società contemporanea.
“Le mie foto”, conclude Bramante, “sono tecnicamente tutte errate, ma tutte alla stessa maniera. Se proprio si vuole discernere su ciò che è passato da ciò che è presente o futuro, potrei sarcasticamente affermare che io sono il passato con un piede nel presente, sperando di spostare il lavoro ancora per qualche tempo verso il futuro…”.
testo di ENRICO MORELLI e foto di CORRADO BONOMO
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