Massimo Villa: l’artigiano del verde
Tra le fonti di ispirazione di Massimo Villa, dopo Gertrude Jekyll (la nota paesaggista inglese dei primi del Novecento), ci sono designer e professionisti del verde, ma anche poesie, quadri e canzoni, perché la natura è una materia viva e ogni pianta è portatrice di una storia.
È difficile inquadrare la figura di Massimo Villa: giardiniere, paesaggista, artigiano, designer, garden coach, scultore. Il suo eclettismo artistico gli permette di passare dalla progettazione architettonica alla realizzazione di arredi e complementi per il giardino, grazie alla sapiente maestria nel maneggiare rami, giunchi, spighe e cortecce recuperate dai lavori di manutenzione, ma anche feltro, cuoio e carta, per costruire oggetti dal sapore tradizionale come gerle e cavagne di ogni formato o pergole e staccionate in salice vivo e poi sedute, paraventi, paralumi. E, non ultimo, casette sull’albero.
Massimo Villa, come ha capito che il suo talento si sviluppava in dialettica con l’ambiente naturale?
Sono nato in campagna, in una cascina sulla collina torinese, il mio legame con il verde è antico e indissolubile nonostante abbia accumulato negli anni esperienze in tutt’altri campi prima di seguire il consiglio di Mark Twain “fai ciò che ti piace ma trova qualcuno che ti paghi per farlo”. Allora ho scelto di coltivare anemoni in un meraviglioso paesello dell’entroterra ligure. Rientrato a Torino ho proseguito con semplici manutenzioni nei giardini e via via mi sono appassionato sempre di più alla costruzione e all’arredo.
Segue qualche modello?
Seguo il lavoro di paesaggisti e maestri giardinieri e con particolare simpatia la capacità di Piet Oudolf nell’uso scenografico di perenni e graminacee. Per quanto riguarda arredi e oggetti mi piace utilizzare, in chiave moderna, le tecniche tradizionali per costruire pergole, camminamenti, muretti, tavoli, panche e staccionate, ricordando l’insegnamento di Bruno Munari “La semplificazione è il segno dell’intelligenza”. Inoltre, collaboro da diversi anni con l’architetto Paola Navone con la quale realizziamo allestimenti di grande personalità.
Quale messaggio trasmette il suo lavoro?
Considero gli spazi verdi un necessario antidoto alla frenesia tecnologica della vita contemporanea, il contatto con il mondo naturale ci trasmette serenità, gioia e un piacevole ritorno a registri ben radicati nella nostra memoria vernacolare.
Quali materiali utilizza?
Possiamo utilizzare materie tradizionali quali legno, pietra, feltro, ceramica, rami da intrecciare e ferro battuto, come tecnologie nuove: acciai speciali, resine e malte. Mi piace sperimentare e mescolare, ma cercando un’armonia tra antico e moderno e tenendo sempre al primo posto il rispetto per il genius loci.
Come definirebbe i suoi giardini?
Facili da vivere e da curare, pensati e fatti su misura: come un abito sartoriale, ricordando che la bellezza è soprattutto armonia e semplicità. Utilizzo erba sana e robusta per i prati, la giusta quantità
di piante e cespugli adatti al clima e all’esposizione del luogo, erbacee perenni allegre, generose e sicure. Cerco sempre di immaginare le prospettive e le forme che potrebbe avere il mio lavoro sotto un’abbondante nevicata perché il giardino è un luogo di costante trasformazione.
Quali lavori sente più suoi?
Seguo con passione tutti gli aspetti legati al giardino ma con particolare entusiasmo la progettazione e la costruzione di casette sull’albero che rappresenta quasi la summa della mia esperienza. È un lavoro complesso che coinvolge molteplici conoscenze progettuali, ingegneristiche e artigianali. E poi, una casetta sull’albero è sempre la realizzazione di un sogno.
di CLAUDIA CAPPERUCCI
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© Riproduzione riservata.