Jukebox: il fascino della nostra storia
Negli anni ’60, quelli del boom economico, l’Italia aveva voglia di divertirsi. La TV era arrivata da poco nelle case, cominciavano a circolare le prime automobili destinate alle famiglie e la musica accompagnava attraverso la radio e le prime fonovaligie lo svolgersi di una vita sempre più frenetica e piena di novità. Poi dagli Stati Uniti arrivò anche il Jukebox, con il suono ad alta fedeltà accompagnato da tante luci colorate. E cambiò qualcosa nelle abitudini degli italiani. Anche l’Italia rimase contagiata da queste macchine straordinarie, destinate a far ballare la gente nei locali pubblici. Se ne sentiva parlare da tempo (le origini del jukebox risalgono agli anni ’30, con i primi modelli che riproducevano dischi a 78 giri) ma solo pochi fortunati erano riusciti a vederle – e sentirle – nei primi viaggi di piacere verso gli States.
Jukebox in ogni dove
Non fu quindi difficile per i mercanti di mestiere cominciare ad importarle in Italia, destinandole ai più svariati esercizi pubblici, cedendole in affitto o comodato d’uso e ricavandone lauti guadagni. Con una diffusione capillare ma in particolare lungo tutta la riviera adriatica, dove si concentravano le vacanze estive di tante famiglie di italiani in cerca di sole, bagni e divertimento. La loro peculiarità era nel riprodurre a pagamento, in locali grandi e piccoli – ma che avessero almeno qualche mattonella libera per ballare! – la musica che andava di moda, coinvolgendo un pubblico assolutamente eterogeneo , dai teenager amanti del rock di Elvis Presley agli appassionati di musica melodica, ai tanti “single” a caccia dell’anima gemella. Perché con una moneta da 50 lire nella gettoniera si poteva ascoltare una canzone a tutto volume, ma con 100 lire si passava a tre canzoni, avendo a disposizione dieci minuti di tempo per conoscere meglio il partner che veniva invitato a ballare! Le canzoni si sceglievano tra quelle presenti nell’archivio del jukebox, rappresentato sempre da 50 o 100 dischi in vinile a 45 giri, premendo una pulsantiera composta da lettere e numeri. Il gestore del locale doveva poi aggiornare i dischi in base alla hit-parade settimanale trasmessa dalla radio (chi non ricorda la mitica voce di Lelio Luttazzi alle 13 in punto su Radio Uno?), pena la perdita dei clienti e dei relativi incassi.
Un fascino nostalgico
Inutile dire che si rimaneva spesso ad ammirare gli incredibili meccanismi che permettevano di pescare i dischi nella “pancia” del Jukebox per posizionarli a vista sotto il braccio di lettura, dotato di una testina magnetica con un piccolo stilo mobile in diamante che esplorava i solchi per tramutarli in note musicali. Ancora oggi ci si può emozionare nel veder funzionare un Jukebox, che rappresenta l’archetipo del riproduttore continuo di musica, ben lontano dagli asettici lettori di Compact Disc o files musicali! La musica si poteva ascoltare e “guardare”, con un fascino inarrivabile dagli attuali sistemi in commercio. Design e leveraggi erano spesso studiati e realizzati proprio per stupire gli avventori, che sceglievano il locale dove ascoltare musica in funzione del jukebox installato dal gestore. E la diffusione di tante macchine in Italia, accompagnata da un sempre crescente successo di pubblico, diede l’idea ad un certo Vittorio Salvetti di premiare la canzone più “gettonata” dell’anno, coinvolgendo nel famoso “Festivalbar” i gestori di tutti i jukebox presenti in Italia oltre alle Case Discografiche, ben felici di incassare soldi attraverso la SIAE e ridistribuirli ai propri artisti. Fu un successo inaspettato ma ampiamente meritato per chi aveva creduto nel Jukebox e nella sua funzione “sociale”.
Arrivò il declino
Poi, con l’avvento delle prime radio private, che trasmettevano musica 24 ore su 24, e la forte tassazione che veniva attuata dallo Stato per chi riproduceva musica in pubblico, successe un cataclisma. Il Jukebox imboccò nella metà degli anni ’70 una parabola discendente senza ritorno, fino a scomparire dal mercato alla fine degli anni ’80. Con buona pace dei collezionisti e degli appassionati che ne possiedono ancora uno con le canzoni dell’epoca, pronto a fornire ancora oggi ottima musica per una magnifica festa da ballo.
Guida all’acquisto
Le case produttrici che si davano battaglia e detenevano il monopolio nella diffusione e nella vendita dei Jukebox in tutto il mondo erano quattro: Wurlitzer (sicuramente la più famosa), Rock-Ola (apprezzata per il grande suono), Seeburg (le macchine più robuste) ed Ami (design sempre avveniristico), tutte dislocate nell’area metropolitana di Chicago. Se si vuole acquistare un Jukebox è meglio pensare ai modelli anni ’60 o ‘70 poiché gli specialisti possiedono ancora tutti i pezzi di ricambio, o sono in grado di ricostruirli. Se si decide di acquistare un Jukebox per un utilizzo domestico si chieda al venditore una adeguata garanzia poiché molte macchine pesano più di 100 chili e non è facile trasportarle. Hanno poi bisogno di una manutenzione periodica, in verità piuttosto semplice, ma non tutti sono in grado di metterci le mani. I 45 giri dell’epoca si trovano ancora facilmente, magari su eBay o nei mercatini dell’usato, a prezzi ragionevoli (uno o due euro). Su internet è facile trovare Jukebox d’occasione, anche a prezzi modici, venduti da privati. Si consiglia di rivolgersi a specialisti del settore (Albano Quadrelli, Del Pani, Mobili Bottanelli ecc.). Ora, con il boom del vintage, è facile trovare in vendita un Jukebox perfettamente funzionante, con dischi a corredo e garanzia pluriennale fornita dal venditore. Si tratta di macchine molto robuste perché destinate ad un uso intensivo, quindi non ci sono rischi per l’acquirente. Se si pensa ad un modo originale di ascoltare la musica in casa non si trascuri l’idea di acquistare un Jukebox anni ’60. Come un AMI Continental 2, ovviamente completo dei 100 dischi a 45 giri che è in grado di immagazzinare, pronti a sborsare una cifra variabile da 7 a 11 mila euro.
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