Il carciofo di Napoleone
Ogni giorno scompaiono molte piante dal nostro pianeta. La FAO, l’organizzazione delle Nazioni Unite contro la fame nel mondo, rivela che il 75 per cento delle risorse genetiche della Terra sono ormai estinte e che un altro terzo della biodiversità del pianeta scomparirà entro il 2050. Nel mondo sono a rischio circa 100 mila varietà vegetali. La maggior parte degli investimenti in agricoltura sono concentrati nella coltivazione del frumento o del riso, ma esistono altre piante che possono nutrire il pianeta. FoodTank, un’organizzazione internazionale no profit, ha compilato una lista di frutti, cereali e vegetali che contribuiscono a sostenere la biodiversità del pianeta.
Tra questi, il presidente di questa organizzazione, Danielle Nierenberg, cita il carciofo di Perinaldo, in provincia di Imperia un piccolo borgo che chiude la vallata del Crosia, all’estremità occidentale della Liguria. Una valle ricca di uliveti, la cui coltivazione è già citata in documenti del XII secolo. Meno nota però è la produzione di un eccellente carciofo, ad elevato contenuto di ferro e cinarina. Si tratta del “violet” francese introdotto, secondo la leggenda, dallo stesso Napoleone Bonaparte.
Un dono da imperatore
Pare che durante la Campagna d’Italia del 1796, dopo una sosta presso la nobile famiglia Maraldi di Perinaldo, appreso che in zona non si conoscevano gli ottimi carciofi violetti coltivati nella vicina Provenza, Napoleone abbia fatto dono di alcune piantine ai Perinaldesi. “Furono i soldati di Napoleone che sposarono alcune donne del luogo”, precisa a Ville&Casali, il sindaco di Perinaldo, Francesco Guglielmi, “a diffondere la produzione”. Il carciofo di Perinaldo proviene da due territori francesi, Valoris (paese in cui ha vissuto Pablo Picasso) e Pegomas. Valoris è gemellata con il comune ligure.
Tenero e senza spine
“È una pianta che cresce tra i 400 e i 600 metri sul livello del mare, è senza spine, tenero e non ha barbe all’interno”, racconta Gugliemi, che è anche un importante produttore. “Necessita di un buon drenaggio e non a caso lo si trova spesso ai bordi dei muretti a secco. Resiste alle temperature rigide, sopporta bene la siccità e non ha bisogno di trattamenti chimici. Si raccoglie da maggio a giugno. E la pianta dura 30 anni.” Si consuma crudo, in insalata oppure cotto con carni o selvaggina. Le ricette di Perinaldo lo vedono protagonista di frittatine, al forno con parmigiano e funghi, o di frittelle con aglio e prezzemolo.
Alcuni coltivatori locali, riuniti in un consorzio, lo producono in piccole quantità (circa 55/60 mila capolini ogni anno) e lo trasformano, in parte, in sottolî eccellenti. I fiori del carciofo sono conservati in olio extravergine di taggiasca. Un disciplinare di produzione ne regola le modalità di coltivazione e ne garantisce la tracciabilità. Su suggerimento di Luigi Veronelli il carciofo da anni si fregia della DOC comunale. La seconda domenica di maggio si svolge a Perinaldo la “Rassegna gastronomica del carciofo di Perinaldo e dell’olio extravergine di oliva taggiasca”: nelle vie del paese si tiene un mercatino del prodotto fresco ed è possibile degustarlo nelle ricette tradizionali locali.
Due ricette particolari
“Sono due le ricette particolari”, spiega Guglielmi. “La prima consiste nello sbollentare il carciofo con poco aceto e vino bianco e aggiungere delle spezie e poi condirlo con olio extravergine. La seconda consiste nel mettere sott’olio il carciofo crudo dopo averlo imbevuto di limone puro e immergerlo in olio extravergine”. Il carciofo di Perinaldo fa parte dei presidi Slow Food. Lo si può acquistare a Perinaldo, ma anche presso Eatitaly a Torino. Oppure rivolgersi alle seguenti ditte: Azienda agricola Il carciofo, tel. 338.3981160 email: doriana.
guglielmi86@gmail.com o Azienda Vittorio Cassini, tel. 0184.223845 email: info.cassini.co.it
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