Altamarca: dove nasce il Prosecco
L’Altamarca si trova nella zona di produzione del Prosecco, ma non è solo il vino a meritare una visita. Qui, infatti, i paesaggi naturali sono meravigliosi, i paesi intrisi di storia antica e patriottica, la cucina tipica, basata su materie prime d’eccellenza. La prima tappa è Venegazzù, ai piedi di quel Montello, i cui boschi fornirono la legna su cui oggi poggia Venezia. Poco distante da Villa Spineda, incontriamo la cantina fondata dal conte Piero Gasparini Loredan e poi ceduta nel 1973 a Giancarlo Palla. Oggi è condotta con passione dal figlio Lorenzo e nella produzione figurano l’immancabile Prosecco (DOCG Asolo), uno spumante Metodo Classico e soprattutto i rossi, capitanati dal prestigioso Capo di Stato, taglio bordolese inserito tra i “100 vins de légende” e la cui etichetta è illustrata da Tono Zancanaro.
Attraversato il Piave, invece, ci spostiamo nell’Altamarca verso Valdobbiadene per incontrare le maestose cantine di Alvise Amistani: l’edificio risale al 1540 e sorge nei pressi dei resti di un antico castrum romano. Personaggio di simpatia coinvolgente e cultura di notevole spessore, Alvise Amistani non è solo produttore vinicolo di tradizione familiare, ma anche di olio pedemontano, salumi (Sopressa trevigiana, Salame pedemontano e Salame speziatino), formaggi (Bastardo e Morlacco del Grappa) e altre ricercatezze gastronomiche. Tutto nell’ambito del progetto territoriale Capolavoro, che mira “alla riscoperta dei sapori della memoria a discapito della standardizzazione”. Suggestiva la sala di esposizione dei prodotti e vendita. Per mangiare, basta fare pochi chilometri per inerpicarsi sulla collina di San Gallo che domina l’abitato di Soligo.
In cima, il giardino/terrazzo de La Candola regala una vista dell’intera pianura dell’Altamarca fino a Treviso. Per chi cerca pace e relax, le sei camere e la piscina rappresentano una forte tentazione, magari coccolati dalla cucina del ristorante dove opera il giovane e bravo chef Nicola Dinato. Da provare L’interpretazione di asparagi (bianchi e verdi) e uovo, con quest’ultimo essiccato come una bottarga, oppure il gustosissimo Raviolo aperto con ragù di faraona (al coltello), germogli di soia e cetriolo, nonché i classici Risi e bisi, qui reinterpretati con le rane. Come vino è consigliabile chiedere al titolare Loris una delle sue bottiglie di Processo col fondo (o “sur lie”), che porgerà di fronte prima di servire: una memoria storica di questo vino che sarebbe criminale perdere. Sarà, invece, sua moglie Serena a raccontare il restauro della locanda e a spiegare le origini del nome.
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Per approfondire l’argomento Prosecco, andiamo a Valdobbiadene da Ruggeri, storica cantina (la 5a in assoluto a spumantizzare in zona) e una delle realtà di maggior valore della DOCG. Fondata nel 1950 da Giustino Bisol, erede di una famiglia di enologi e distillatori dell’Altamarca, Ruggeri possiede solo 12 ettari ma, grazie a un particolare rapporto del titolare – Paolo Bisol – con i viticoltori della zona, ha accesso a uve eccellenti che permettono di fare qualità in quantità (circa 1,5 milioni di bottiglie). Soprattutto nel caso della linea Selezione, dove figurano chicche come il Prosecco Vecchie Viti (da piante di 80-100 anni). È invece molto più giovane la Astoria: fondata nel 1987, ha mosso i primi passi con una produzione marketing oriented, ma questo ha permesso di gettare le basi per una costante crescita qualitativa che oggi tocca livelli molto elevati. Apprezzabili non solo nelle etichette classiche (Prosecco e vini fermi), ma anche in quelle più moderne, come la 9.5. La bottiglia bianca dalla grafica ‘sportiva’ cela la medesima base del Prosecco ma con un tenore alcolico di soli 9,5°: una proposta dei fratelli Polegato per il bere consapevole senza rinunciare al gusto.
Conegliano è a due passi e vale sicuramente la visita, così come la vicina Vittorio Veneto, che i più conoscono per la celebre battaglia del 1918. Meno note, invece, le sue due realtà originarie: Ceneda e la bellissima Serravalle. Da visitare assolutamente. Così come vale da sola la visita della locanda La Muda, sulla sommità del passo di San Boldo, antico valico militare e dazio che segna il confine tra la provincia di Treviso e Belluno. Per arrivarci, bisogna arrampicarsi sui venti tornanti della SP 635, meglio nota come “Strada dei 100 giorni”, costruita dagli austriaci tra il 1917 e il 1918. Gli ultimi cinque tornanti sono gallerie a 180° in salita: un’alta opera di ingegneria che ha permesso un’ascesa verticale notevole. Bella la strada, altrettanto la vista che si gode dalla sommità e bella, anzi bellissima la locanda, ex fortino militare dell’anno 1100, poi dogana nel 1428, quindi osteria dal 1470 e trattoria negli anni ’70 del Novecento, fino all’abbandono. A salvarla dall’abbattimento, un gruppo di dieci amici che si sono battezzati “Il circolo dei Mudari”: nati come laboratorio culturale del territorio, hanno recuperato parte della struttura storica dell’edificio (il resto arriverà man mano, comprese le camere originarie per l’alloggio) e aperto, ad agosto 2009, la locanda. La cucina è semplice ma fondata su pietanze frutto di micro produzioni artigianali vicino ai circuiti commerciali (salumi, formaggi, carni). Fuori dagli orari dei pasti diventa osteria (vino e tagliere).
La mattina dopo ci rechiamo alle porte di Conegliano per le squisitezze della Latteria Perenzin. La famiglia produce formaggi da oltre un secolo e la signora Manuela, insieme al marito Carlo, ha portato il nome tra le eccellenze assolute dell’arte casearia. La produzione è basata su latte (a leggera prevalenza di capra) biologico per la metà dell’approvvigionamento totale, selezionato da piccoli produttori. Una lavorazione artigianale che bandisce i conservanti per dare vita a squisiti Montasio, Ricotta, Primo sale, Robiola di capra, Caciotta stagionata – anche al fieno biologico, alla foglia di noce e all’olio e pepe – il San Pietro, l’Ubriaco e l’irresistibile Castel, ideato da Carlo per “replicare il formaggio di oltre 300 anni fa”. Roba da far dimenticare il colesterolo e impallidire i francesi sul loro terreno più congeniale. La Latteria Perenzin è anche punto vendita (dove si trovano anche salumi di pari livello e una selezione di vini) e degustazioni guidate di formaggio. Altra meta irrinunciabile.
Poi di nuovo a Valdobbiadene a visitare una giovane realtà del Prosecco: Fasol Menin. Fondata nel 2000 da una giovane coppia del posto – Massimo De Nardo e Silvana Curto – ma da esperienze ben diverse, abbina il Prosecco con l’arte contemporanea e la musica. L’azienda produce tre vini da sole uve proprie, due Prosecco (Brut ed Extra Dry) e uno fermo. Poco distante, Riva de Milàn è pronta a rifocillarci adeguatamente con il classico “spiedo”, la Sopressa e altre squisitezze, tutte di produzione propria. Mangiandovi (ma è pure agriturismo) si capisce il perché di tanto successo. Tappa finale a Nervesa dove, ai piedi della rovine dell’abbazia, la cantina Serafini & Vidotto produce sì Prosecco, ma soprattutto rossi di grandissimo valore, con il “bordolese” Rosso dell’Abbazia che raccoglie premi anno dopo anno. Uno dei due titolari, Francesco Serafini, è enologo di valore e libro vivente sulla storia e i segreti del vino italiano.
L’Altamarca
Nasce nel 1993 per volontà del comune di Valdobbiadene (proprietario del marchio) come associazione di aziende spumantistiche della zona. L’anno successivo, sempre sotto l’egida del comune, l’affianca la Mostra Nazionale dello Spumante, che diventa Forum Spumanti d’Italia nel 2004 su iniziativa di Giampietro Comolli (nella foto in basso). Quest’ultimo, fondatore nel 1992 del Ceves – Centro Studi e Osservatorio Economico dei Vini Effervescenti, è dal 2004 direttore di Altamarca, che sta trasformando man mano in associazione per la promozione del territorio e dei suoi prodotti, aprendo a ristoranti, hotel, agriturismi, negozi gastronomici e via dicendo, tanto che oggi Altamarca significa 22 comuni e 135 soci aderenti.
www.altamarca.it
di Alberto Lupetti foto di Corrado Bonomo
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